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Storia del Tama

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Il Tama

La storia del tamani è molto affascinante; la sua origine è del Mali, del villaggio natale di mio nonno paterno Djatourou che è il villaggio di Bulonkono . Lo strumento originario era il Tanka, uno strumento fatto con una piccola calebasse (zucca) coperta con una pelle di pesce palla. Per rendere il suono vivo si faceva un piccolo foro nella calebasse e si metteva dentro un po’ d’acqua. Si diceva già all’epoca che questo era uno strumento capace di parlare perché se si orientava il foro praticato nella calebasse contro vento percuotendo lo strumento si ottenevano più suoni allo stesso tempo grazie al movimento che il vento trasmetteva all’acqua contenuta al suo interno.

La forma attuale del tamani è completamente diversa dall’originaria. Fu un mio antenato, ovvero il nonno di mio nonno Djatourou che ebbe l’idea.

Un giorno Djki Sissoko (il mio avo) si recò presso il Fabbro del villaggio a Bulonkono chiamato Numu Balà in quanto era l’unico a cui era concesso di lavorare il legno oltre al ferro. Gli chiese di aiutarlo a costruire uno strumento che potesse dare lo stesso suono magico del Tanka ma senza che fosse necessario praticare dei fori o mettere dell’acqua . Numu Balà pensò a costruire un contenitore di legno lo mostrò al mio antenato ma questi gli disse che ciò che lui aveva intagliato non sarebbe stato uno strumento ma un utensile domestico e lo chiamò Mure (contenitore di legno che a tutt’oggi serve come unità di misura del miglio). Numu Balà intagliò allora un’altra forma nel legno, una forma cuneiforme su cui il mio antenato montò una pelle di capra. Suonava questo strumento con le mani e soltanto durante le cerimonie veramente importanti:

per richiamare la gente quando il re aveva bisogno di parlare con tutti;

per annunciare un matrimonio;

per annunciare la morte di qualcuno.

Questo strumento non si usa più o meglio non è più utilizzato dai griots ma dai conciatori chiamati Garankè.

Il mio antenato cercava però ancora il suo strumento, uno strumento che lo soddisfacesse quindi chiese ancora al fabbro di intagliare un’altra forma nel legno…lui costruì il Mokodounou simile al djembè, ma anche questo non era quello che Djki cercava.

Un giorno suo fratello, Djimbi Sissoko, di ritorno dai campi assetato vide molti uccelli volteggiare su un punto della savana, di solito quando ciò accade possono esserci due cause: o è la carcassa di qualche animale ad attrarre gli uccelli, oppure è la presenza dell’acqua. Si diresse quindi in quella direzione sperando si trattasse di acqua. Mentre procedeva trovò sul sentiero un ramo di albero molto particolare in quanto era completamente cavo lo prese e lo portò con se, subito dopo vide un Kana (simile all’iguana) e lo uccise con il ramo che aveva appena raccolto, lo scuoiò ne mangiò la carne. Arrivato a casa con la pelle del Kana , il giorno dopo si recò da Numu Balà per mostrargli il pezzo di legno che aveva raccolto nella savana e per chiedergli di lavorarlo ancora un po’ , lui fece le rifiniture e montarono la pelle del Kana su entrambi i lati del legno.

Djimi portò questo nuovo strumento a suo fratello Djki, appena quest’ultimo provò a suonarlo tutta la gente del villaggio accorse attratta da questo nuovo suono. Fu a questo punto che Djki disse a suo fratello :"Fakolì modè, djamundjan kolì folì baramà e ani folì barantà" ovvero "sapevo che tutti i discendenti di Fakolì sono sempre coloro che scoprono qualcosa di nuovo".

Qualcuno che resta sempre a casa senza andare in giro (in Bambara camminare si dice appunto Tama), non scoprirà mai cosa si nasconde sulla strada….sulla strada c’è sempre qualcosa da scoprire.

E’ così che è nato lo strumento ed è così che prese il suo nome, Tama.

E’ così che noi, i Sissoko, i discendenti di Fakolì, non mangiamo la carne del Kana in quanto è grazie a questo animale che è stato possibile costruire il nostro strumento!

Questa è la storia che mio nonno paterno mi ha raccontato per spiegarmi l’origine del suo strumento preferito che è diventato anche il mio strumento prediletto.

Nella mia famiglia il primo strumento che impariamo a suonare è il Tama perché è qualcosa che è legato alle nostre origini.

Oggi il Tama, come strumento, è molto sviluppato, io stesso ho fatto molte ricerche sul Tama fino a trovare la possibilità di ricavarne tutte le note. E’ grazie alla sua versatilità come percussione che la gente dice che il Tama è uno strumento stregato. Anche se suona un’orchestra intera, se c’è il suono del Tama è lui che spicca su tutti gli altri suoni.

Nella nostra famiglia c’è una cerimonia di cui non posso parlare che si fa nella foresta in cui il suono del Tama è fondamentale, se manca lui la cerimonia non si può fare. E’ grazie a tutti questi insegnamenti e a questi segreti che mi sono stati svelati che io ho trovato l’entusiasmo e la forza per continuare le mie ricerche per sviluppare sempre più le potenzialità di questo piccolo ma straordinario strumento.

Per ritornare alla mia storia devo dire che ho iniziato a suonare il tamani a soli cinque anni e quando ne avevo dieci la gente cominciò a chiamarmi per suonare durante le feste nel quartiere. Ogni giovedì, sabato e domenica suonavo per le ragazze del quartiere e ben presto dovettero iniziare a prenotarmi per avermi alle loro feste perché la mia “agenda” era sempre piena di impegni.

Fu così che iniziarono a conoscermi anche le persone importanti che mi invitavano a suonare alle cerimonie ufficiali come i battesimi, i matrimoni finchè la mia fama di suonatore di tamani si allargò anche all’estero .

Io e il mio Tamani abbiamo fatto il giro dell’Africa, ho suonato in Burkina Faso, in Costa D’Avorio, in Senegal in Guinea, In Sierra Leone, in Gambia, in Niger, in Mauritania ecc. ecc.

Quando avevo 22 anni sono entrato a far parte dell’Assemblea Strumentale del Mali rimpiazzando mio padre che era andato in pensione come suonatore di Tamani e Ngoni. Sono rimasto nell’Assemblea strumentale dal 1985 fino al 1991. Nello stesso periodo conobbi Habib Koite (era il 1987). Io e Habib abbiamo lavorato insieme per 12 anni. Ma , in quanto percussionista, io ho accompagnato molti artisti come Ami Koita; Kandja Kouyate; Nagnini Diabate; Babani Kone; Dialou Damba; Toumani Diabate; Hadja Soumano.

Io sono stato il primo griot a mettere il suono del Tama nella musica moderna in Mali. Inoltre sono stato il primo a suonare il Tama in piedi; prima, infatti, si stava seduti per suonarlo, anche nell’assemblea strumentale.

La prima volta che in Mali si è visto un tamani suonato da qualcuno in piedi è stato grazie a me che ho suonato in piedi durante un concerto di Nagnini Diabate.

Da quel momento in poi tutti hanno cominciato a considerarmi, in Mali, come "il Maestro di Tamani". In Mali, infatti, sono conosciuto soprattutto come suonatore di questo strumento.

Ho fatto il giro del mondo con il mio strumento, accompagnando i "griots e le griottes moderni" e accompagnando Habib Koite.

Con Habib il mio valore è aumentato ancor di più , ho avuto la possibilità, infatti, di aggiungere lo Ngoni, il Balafon, la Calebasse e il Caragna. Ho accumulato molta esperienza con Habib Koite. Ma ho ricevuto molti buoni consigli, per quanto riguarda la musica, anche da Youssou N’dour, Toumani Diabate, Salif Keità, Oumou Sangare: Ali Farka Toure, Boubacar Traore Kar Kar.

Ho avuto la fortuna anche di suonare e di ricevere dei consigli da Souleymane Koli del Koteba di Abidjan, ed ho avuto la fortuna di conoscere delle stars internazionali come Yuossou N’Dour, Santana, Sting, Angelique Kidjo, Fela Asson Kuti ecc.

Io ho avuto molta fortuna nella mia vita; ho ricevuto un’educazione tradizionale completa e profonda ed ho anche conosciuto dei grandi artisti africani e non che hanno contribuito alla mia formazione di musicista. E’ con tutto questo bagaglio di esperienze (tradizionali e moderne) che oggi compongo la mia musica che rispecchia in pieno il melange di tutto il mio vissuto.

Nei miei pezzo hanno un posto di rilievo argomenti come, l’amicizia, la fiducia, il rispetto per le tradizioni e l’amore per i bambini. Il mio stile musicale lo definisco "Amadran" ovvero dei racconti perché io sono un "Orognan" ovvero un uomo di parola, che rispetta e non dimentica le sue tradizioni.

Spero che i miei figli possano essere come me, dei musicisti e che l’ispirazione che mi danno ogni giorno possa darmi la forza di continuare nella mia ricerca musicale fino al giorno in cui loro prenderanno mio posto.

Buona fortuna Djana, Giulia e Roberto, che Dio guidi i vostri passi sullo stesso cammino di vostro padre.

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Il Griot Baba

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Infatti, ancora prima che io nascessi, mio nonno materno aveva chiesto ai miei genitori se potevano chiamare il bambino che stava arrivando col suo stesso nome; loro gli chiesero perchè e lui rispose che questo bambino sarebbe stato educato da lui stesso perché sarebbe stato speciale.

Una settimana dopo la nascita, nella tradizione maliana si fa una cerimonia in cui si sacrifica, come augurio per il nuovo arrivato, un montone bianco e in cui si offrono agli invitati 50 Kg di noce di cola e di datteri mentre l’Immahm legge dei versi del Corano e pronuncia il nome del bambino

Il giorno del mio battesimo, però, invece di sacrificare un montone bianco, mio nonno Djeli Baba Sissoko fece dono ai miei genitori di un bue bianco da sacrificare, inoltre vennero triplicate le quantità di noci di cola e di datteri da dare agli ospiti.

Quando venne pronunciato il mio nome (che è lo stesso nome di mio nonno Baba Sissoko), tutti i griots e le griottes hanno cantato per me e la festa è andata avanti per tutta la notte. Ognuno ha portato dei doni in segno di rispetto per i miei genitori. Ma il regalo più grande e importante fu quello di mio nonno. Lui portò un pezzo di stoffa chiamato Kasà chiedendo ai miei genitori di farne un BouBou per me quando avessi compiuto il mio settimo anno; questo BouBou sarebbe stato speciale e mi avrebbe protetto da tutto e da tutti. Mio padre, a sua volta, mi donò un Tama, e uno Ngoni mentre mia madre mi fece dono di un Tamani.

Io, quindi fui il prescelto da mio padre e da mio nonno per continuare la tradizione griot, nonostante sia il secondo figlio maschio della famiglia. Mio fratello maggiore, infatti, non ha mai suonato, ma anche lui è un artista in quanto dipinge e anche lui è molto bravo nel suo campo….ognuno ha il suo talento!

La mia educazione da griot è avvenuta grazie agli insegnamenti di mio padre (Mamadou Sissoko), mio nonno materno (Baba Sissoko) e mio zio (Mama Sissoko). Sono stati loro ad insegnarmi a suonare il tamani e lo Ngoni, a parlare come un griot e a conoscere le tradizioni e la storia del mio paese. A mia volta io ho insegnato queste cose ai miei fratelli minori e questo rappresenta per me un grande orgoglio.

Finito il mio apprendistato a Bamako, sono stato mandato a Djumara, un villaggio vicino a Nioro del Sahel, dal fratello di mio nonno. Djeli Makan Sissoko era, infatti, il capo dei griots della regione e mi mandarono da lui per completare la mia educazione, Bamako, infatti, non era sufficiente a farmi capire e conoscere tutte le tradizioni della famiglia e del paese; era necessario andare alle origini….. nel villaggio. Djeli Makan suonava lo Ngoni e spiegava la storia e le tradizioni, tutti lo chiamavano "il re della parola", io ero sempre accanto a lui e insieme andavamo in giro nei villaggi vicini sul dorso di due cavalli. E’ stato lui ad insegnarmi la storia e le tradizioni dei Peuls; dei Soninkè; dei Bamabra e dei Mandinghi. Il suo villaggio, infatti, si trovava proprio in mezzo ai territori di Kargolo, abitati dai Peuls, dai Bambara e dai Mandinghi.

Djeli Makan suonava, col suo Ngoni alcuni ritmi Bambara come Korosekorò (oggi posso dire che il Blues ha origine dal Korosekorò), Yuriyare , Toh Joh e Damozo; dei ritmi peuhl chiamati N’diaro e Toungherè; dei ritmi mandinghi come Diaoura, Dahnsa e Sabò e il ritmo di origine Bambara e mandinga chiamato Badjuru.

Oggi io suono tutti questi ritmi che ho imparato da lui a Djumara.

In seguito sono rientrato a Bamako ed ho raccontato ai miei genitori tutto quello che Djeli Makan mi aveva insegnato, loro hanno capito a che livello di conoscenza ero arrivato ed hanno completato la mia formazione.

Mio zio, Mama Sissoko, ha iniziato a portarmi ai concerti del fratello di mio nonno Bazoumanà Sissoko un vero virtuoso dello Ngoni è stato lui a suonare per la prima volta l’inno nazionale della Repubblica del Mali con il suo Ngoni, era soprannominato "il Leone". Durante i concerti, all’apice della performance, lui poteva lasciare il suo strumento che continuava a suonare da solo e lui si limitava a cantare.

Mi portava anche ai concerti delle griottes soprattutto ai concerti di mia zia Fanta Damba che all’epoca era la migliore griotte di Bamako, mio zio, però, essendo un musicista "moderno" mi portava anche ai concerti di musica appunto moderna. Grazie a lui ho conosciuto il “Bouffet de la gare” di Bamako che all’epoca era il locale più in voga della città dove si esibivano Salif Keità; Mori Kante; Kante Mafla mebri del gruppo Rail Band. Mi portava anche ai suoi concerti quando suonava con il suo gruppo Arai Marabias diventato in seguito Bademà National.

Anche mia madre ha contribuito alla mia formazione musicale. Lei era molto fiera di me e mi portava con se quando accompagnava le spose dai propri mariti in Costa D’Avorio, in Serra Leone in Gabon ecc.

Perché a quei tempi gli uomini partivano verso questi paesi, dopo qualche tempo, quando avevano raggiunto una posizione sociale inviavano i soldi alle famiglie affinchè cercassero una sposa per loro. Questo compito spettava ai griots.

Mio padre ha svolto spesso questo compito,….era incaricato dalla famiglia dello sposo di cercare una ragazza da dare in sposa al loro figlio. Quando lui trovava una ragazza di buona famiglia, cominciava ad osservarne i comportamenti e a valutarne la morale; quando era sicuro dell’educazione della ragazza diceva alla famiglia dello sposo di portare la cola, un bue, del sale e dello zucchero per il fidanzamento. Quindi organizzava il matrimonio. Lui è sempre stato un buon maestro di cerimonia e dopo inviava (accompagnata da mia madre) la sposa da suo marito.

Di ritorno da uno dei viaggi con mia madre avevo portato un regalo per il mio nonno paterno che era a casa con noi e che mi considerava la sua persona di fiducia in quanto ero sempre accanto a lui pronto ad aiutarlo perché era molto vecchio. Lo accompagnavo quasi ogni pomeriggio nel suo giro nel quartiere il suo nome era Djatourou Sissoko. Il suo strumento preferito era il Tamani, aveva tre Tama: il grande , il medio e il piccolo era molto forte col suo strumento era considerato il "re del tamani" da Nioro del Sahel a Djumara a Bulonkono a Kolokani grazie a lui ho imparato la storia di questo strumento.

 

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Chi è il Griot?

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Chi è il griot?

Si può capire chi è un Griot in diversi modi,….io, Baba, parlo per quanto riguarda la mia famiglia, ma parlo anche per tutti i griots del mondo. Griot, in Bambara (la lingua del mio paese, il Mali) si dice Djeliya che significa, appunto, l’umanità; Djeliya significa anche nobiltà e significa "colui che ha il dono della parola".

Perché si dice che il griot è una biblioteca naturale?

Il griot è una persona estremamente intelligente, in tutti i sensi. Il Djeli (il griot) era la forza della famiglia; quella forza che c’è quando ci sono rispetto, comprensione e unione.

Ci sono quattro tipi di griots:

  • il padre è il simbolo della famiglia;
  • la madre rappresenta le fondamenta della famiglia;
  • il primo figlio maschio segue il padre e gli succede, mentre gli altri figli seguono quest’ultimo;
  • la prima figlia femmina segue la mamma

Il compito del griot è quello di riconciliare gli animi e i cuori.

In caso di guerra lui riesce a calmare gli spiriti; combina i matrimoni ; è l’uomo di fiducia di re e generali; educa i bambini.

Il griot, trasmette i suoi segreti e il suo sapere a uno dei suoi figli, di solito insegna le tradizioni al primo dei suoi figli maschi. L’apprendimento da parte del prescelto inizia durante le cerimonie del battesimo dove lui inizia ad andare seguendo il padre e imparando a suonare il Tamani.

Il padre gli mostra il cammino e gli insegna a suonare il tamani , il figlio prescelto, a sua volta, insegna ai suoi fratelli più piccoli ciò che lui ha imparato da suo padre.

Tutto è sempre accompagnato dalla musica che è sempre presente nella famiglia griot.

Il padre, però, non è obbligato a trasmettere i suoi saperi al primogenito. Effettua sempre delle profonde osservazioni su i suoi figli maschi prima di decidere e di scegliere.

La prima figlia femmina, invece, resta sempre accanto alla mamma. Le donne, inoltre, imparano solo a cantare e non a suonare. La madre si fa accompagnare dalla primogenita quando va a cantare per un battesimo o per un matrimonio. Anche la madre fa le sue osservazioni sulle sue figlie, ma, generalmente, insegna ciò che sa a tutte.

Il padre insegna ai suoi figli anche a suonare lo Ngoni e a parlare come un griot.

Quando ha scelto il suo successore gli rivela i suoi segreti di nascosto dagli altri figli. C’è da dire che spesso, nella famiglia griot, ci sono dei bambini che nascono già con delle grandi capacità, con un "dono"; a questi non si può nascondere niente perché hanno dalla nascita (anzi anche da prima del loro arrivo) il loro talento.

Questi sono automaticamente i prescelti, a prescindere dalla loro posizione di primogenito o meno.

Questo è il mio caso.

Continua [il Griot Baba]

 

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